Archivio e Biblioteca "Antonio e Giovanni Tagliaferri"

Il Fondo archivistico Tagliaferri, con i suoi quasi duemila disegni (opere tanto dell’Architetto Antonio, quanto dell’Ingegnere Giovanni) permette di rintracciare l’elaborazione progettuale, il procedere dei cantieri (anche di restauro) dei maggiori monumenti della città di Brescia.
Attraverso l’insieme di testimonianze che la Famiglia Tagliaferri ha custodito sino al 2010 con grandissima sensibilità, sono ricostruibili i processi di invenzione, i riferimenti e i legami culturali e formali dei due professionisti.
La ricca Biblioteca professionale è costituita da quasi quattrocento opere a stampa come monografie, prontuari di architettura, repertori e periodici di Architettura e Ingegneria.
Nel Fondo Tagliaferri sono conservate testimonianze, anche documentarie, di tutti i progetti realizzati da Antonio Tagliaferri tra il 1870 e il 1909 e in particolare nuclei completi (come per la Casa di Achille Bertelli di Brescia tra 1898 e 1899, per Villa Fenaroli a Fantecolo tra 1895 e 1897, per il Castello Bonoris di Montichiari tra 1890 e 1892), costituiti dai bozzetti, dalle tavole esecutive, dai dettagli decorativi, dagli acquerelli per la decorazione ad affresco degli interni e per la realizzazione dei singoli mobili in legno per l’arredamento.
Di notevole interesse è anche il Fondo fotografico costituito da oltre duemila fotografie che facevano parte degli “strumenti tecnici” dello studio di architettura sia di Antonio che di Giovanni Tagliaferri. Quest’ultimo coltivava un’autentica passione per la fotografia.
Nella Sala Tagliaferri, allestita nella Foresteria della Casa del Podestà, sono conservati anche la grandissima cassettiera per le tavole progettuali, alcuni disegni incorniciati, un raro dipinto ad olio nel quale il diciannovenne Antonio Tagliaferri realizza una copia da un’opera di Giuseppe Canella (raffigurante una Veduta delle tintorie di Rouen) oggi custodita presso i Civici Musei di Brescia e il busto bronzeo realizzato dall’amico di Antonio Tagliaferri, Domenico Ghidoni, verso il 1910.